STORIE DI PRIVATIZZAZIONI/2
di Sandro Medici
Non è passato neanche un anno e i tentativi di contrastare, fino ad
annullarli, i risultati del referendum sull'acqua pubblica si
susseguono. A cominciare dall'indecorosa omissione governativa sulla
quota d'investimento che continua a gravare sulle bollette. Ma la prova
generale del definitivo affossamento di quel voto popolare è in corso in
questi giorni a Roma. Dove un sindaco ormai impresentabile e con le
valigie in mano vuole piazzare sul mercato l'azienda municipale di
gestione idrica della capitale.
È in discussione in Campidoglio una
delibera che stabilisce la vendita del 21% del pacchetto azionario
comunale, attualmente al 51% dell'Acea che peraltro, con le sue
ramificazioni in Italia e all'estero, è la più importante del Paese.
Operazione che con sconcertante disinvoltura confinerebbe il Comune di
Roma a un ruolo di minoranza, lasciando che i privati raggiungano il
70%, dunque il pieno controllo dell'azienda. E così l'acqua che l'Acea
raccoglie nel cuore dell'Appennino centrale, tra le vallate umbre e gli
altopiani sabini, la stessa acqua che i romani imbrigliavano nelle
condotte e facevano scorrere nei maestosi acquedotti, ebbene,
quell'acqua, considerata tra le più pure e saporose d'Italia, non
sarebbe più risorsa naturale pubblica, ma prodotto da commercializzare e
distribuire a pagamento.
Comitato territoriale per la tutela dell'acqua e la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato
acquasenigallia@gmail.com
domenica 29 aprile 2012
Il «me ne frego» di Alemanno
martedì 24 aprile 2012
Campagna di Obbedienza Civile anche a Senigallia
Con la pubblicazione, in data 20 luglio 2011, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 116 è stata sancita ufficialmente la vittoria
referendaria e l’abrogazione della norma
che consentiva, ai gestori del servizio idrico, di caricare sulle nostre
bollette la componente della “remunerazione del capitale investito”.
Oggi, a distanza di quasi un anno dal voto referendario del 12 e 13
Giugno 2011, risulta che, in tutto il territorio nazionale, nessun gestore
abbia applicato l’esito referendario, diminuendo di conseguenza le tariffe del
servizio idrico.
In particolare, per quanto riguarda la Provincia di Ancona, le
istituzioni locali, non solo non hanno dato alcuna indicazione per far
rispettare l’esito del referendum, tradendo così il voto di 227.000 cittadini
della Provincia, ma addirittura, all’interno dell’AATO 2, hanno deciso un
aumento della tariffa, per l’anno 2012, del 6,5 %.
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