Prendiamo parola come “Comitato Acqua Bene Comune Senigallia” in risposta all'articolo dell'Aato 2 pubblicato il 24/11/2011 dal titolo “Aato 2: l’acqua nella Provincia? Pubblica, buona, ma “sommersa” da una “marea” di sfide“.
E’ a dir poco stupefacente.
Intanto ci teniamo a sottolineare il mancato invito al Comitato Provinciale “2 Sì per l’acqua bene comune”, alla presentazione della 9° edizione della “relazione sullo stato del Servizio Idrico Integrato nell’ATO n.2 Marche Centro-Ancona, considerato che tra i temi che sono stati affrontati vi erano anche quelli legati agli effetti dei referendum e che più volte abbiamo richiesto incontri con l’Assemblea dei soci AAT0, o una delegazione degli stessi.
E’ poi curioso che l’AATO2 abbia trasmesso l’invito al Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua e che sollecitato dallo stesso Forum a stabilire i contatti con le proprie realtà territoriali abbia scelto la strada dell’esclusione.
Ma al di là di tutto ciò vale la pena sottolineare alcune questione su due aspetti che, almeno da quanto appare nell’articolo, determinano grandi preoccupazioni: tariffe e investimenti.
Se ne tralascia un terzo, ossia quello della forma di gestione, l’acqua viene definita “pubblica, buona e sufficiente”, ed ancora, secondo l’AATO “il referendum ..ha confermato la gestione in house da parte di Multiservizi”.
La manipolazione è evidente, e su più fronti: si tenta di far passare l’idea che gestione attraverso una SpA e gestione pubblica siano la stessa cosa. Gestione pubblica e affidamento del servizio ad una Società per Azioni, ancorchè a totale capitale pubblico, sono due cose diverse. Una SpA, infatti, nasce, come dice il codice civile “per l’esercizio di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
C’è quindi una questione di finalità nello strumento che si sceglie per la gestione del SII, da una parte, la SpA, i profitti, la profittabilità, dall’altra, il pubblico, in nuove forme di democrazia partecipativa, la condivisione, la tutela del bene, l’accesso non discriminatorio per ragioni economiche, la garanzia di un minimo vitale.
Del resto la Corte Costituzionale nel dichiarare ammissibile il 2° referendum dice “si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua”, e qui c’è la seconda manipolazione perché secondo l’AATO il referendum avrebbe confermato la gestione in house, una gestione, cioè, che ha alla base la divisione degli utili.
Ma il secondo referendum, che ha eliminato dalla tariffa “l’adeguata remunerazione del capitale investito”, in altri termini il profitto garantito, è sotto attacco, accusato delle peggiori nefandezze.
I cittadini si aspetterebbero rispetto per il loro voto, per la loro scelta, si aspetterebbero che i soci dell’AATO, ovvero i loro Sindaci, diano corso alla ridefinizione della tariffa, eliminando la quota riferita alla remunerazione del capitale, ma non è così. Si poteva, e si può tutt’ora, non essere d’accordo con l’abrogazione della norma sulla remunerazione, ma questo non da diritto ad alcuno di non dare applicazione alla volontà del corpo elettorale.
Le argomentazioni, piuttosto bizzarre, utilizzate: “fuga di capitali dal settore” ed ancora “Senza remunerazione potrebbe, infatti, venir meno l’interesse a investire nel servizio idrico” fanno più pensare alla volontà di favorire l’ingresso di soci, ovviamente privati, piuttosto che alla ricerca di soluzioni finalizzate, anche qui, al rispetto di quanto scritto dalla Corte Costituzionale, ossia: che la tariffa assicura “la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio”.
Siccome gli investimenti li decide, almeno formalmente, l’AATO, quello che si presenta è un problema di finanziamento attraverso prestiti e mutui, che comunque trovano una loro garanzia nella tariffa che, appunto, assicura “la copertura integrale…….”
Viene fatto intendere che per effetto del secondo referendum si rischia, per quanto riguarda la depurazione, di “incorrere nelle procedure di infrazione europea e nelle sanzioni civili e penali”. Anche qui sono molte le obiezioni e riguardano le priorità delle scelte di investimento, visto che la data del 2012 per non incorre nelle sanzioni è conosciuta da molti anni, come mai sembra ci si accorga solo ora della questione?, come mai gli utili e gli investimenti attivati in questi anni non sono stati utilizzati allo scopo?
Ma in ogni caso quello che colpisce è la “responsabilità” che della situazione viene data al 2° referendum, e quindi ai cittadini che hanno votato.
Vale la pena ricordare che il voto referendario è del giugno di quest’anno e che l’ammissione dei referendum è del dicembre 2010.
E questo vale anche per l’altro argomento utilizzato ossia la differenza, nel 2010, di 13.963 milioni di euro in meno, tra investimenti pianificati e quelli effettivamente realizzati. Cosa c’entri il 2° referendum non è dato capire.
Quello che è chiaro è che, essendo la quota riferita alla remunerazione del capitale investito inserita nella tariffa a preventivo, ossia all’atto della pianificazione, nel 2011 le tariffe avrebbero dovuto essere ridotte di quella quota, ma ciò non avvenuto.
Sì, è tutto veramente stupefacente!!
Comitato Acqua Bene Comune Senigallia
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