
Dodici milioni di persone affidano i propri risparmi a
Poste Italiane, attraverso i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi.
La massa di questi risparmi viene raccolta dalla Cassa Depositi e
Prestiti, che, dalla sua nascita nel 1860 e fino al 2003, la utilizzava
per permettere agli enti locali territoriali di poter fare investimenti
con mutui a tasso agevolato. Nel 2003, la Cassa Depositi e Prestiti è
stata tramutata in società per azioni e nel suo capitale societario sono
entrate (30%) le fondazioni bancarie. Da allora, la Cassa Depositi e
Prestiti si è progressivamente trasformata in una merchant bank che
continua a finanziare gli enti locali ma a tassi di mercato e che
investe in diversi fondi con finalità di profitto. La massa di denaro
mossa annualmente dalla Cassa Deposti e Prestiti è enorme: circa 250
miliardi di euro, con una liquidità disponibile di quasi 130 miliardi di
euro; si tratta di gran lunga della “banca” più solida e nello stesso
tempo più “liquida” del Paese. E allora alcune riflessioni diventano
necessarie.
1. La natura di bene comune della Cassa Depositi e
Prestiti risulta evidente dalla provenienza del suo ingente patrimonio,
che per oltre l’80% deriva dalla raccolta postale, ovvero è il frutto
del risparmio dei lavoratori e dei cittadini di questo Paese. Tale
natura è del resto anche giuridicamente sostenuta dall’art.10 del D. M.
Economia del 6 ottobre 2004 (decreto attuativo della trasformazione
della Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni ) che così recita:
«I finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti rivolti a Stato,
Regioni, Enti Locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico,
costituiscono servizio di interesse economico generale . Il paradosso
risiede nel fatto che, mentre si afferma ciò, la Cassa Depositi e
Prestiti è stata trasformata in una società per azioni a capitale misto,
la cui parte privata (30%) è appannaggio delle fondazioni bancarie,
facendo sorgere un’inevitabile prima domanda: come possono un ente di
diritto privato (tale è la SpA) e soggetti di diritto privato presenti
al suo interno, come le fondazioni bancarie, decidere per l’interesse
generale?
2. Pur continuando la Cassa Depositi e Prestiti a
mantenere, tra i settori principali delle proprie attività, quello
“tradizionale” relativo al finanziamento degli investimenti degli enti
pubblici, con la trasformazione in SpA, questa attività deve avvenire
assicurando un adeguato ritorno economico agli azionisti. Come recita
l’art. 30 dello Statuto della società «Gli utili netti annuali
risultanti dal bilancio (..) saranno assegnati (..) alle azioni
ordinarie e privilegiate in proporzione al capitale da ciascuna di esse
rappresentato». E la relazione annuale societaria, relativa al 2010,
dichiara con soddisfazione la chiusura del bilancio con un utile netto
di 2,7 miliardi di euro, nonché il fatto di aver garantito agli
azionisti, dall’avvenuta privatizzazione ad oggi, un rendimento medio
annuo superiore al 13%. Se l’unità di misura delle scelte di
investimento è la redditività economica delle stesse, è evidente il
“vulnus” di democrazia rispetto alla loro qualifica di servizio di
primario interesse pubblico.
3. Altrettanto paradossale appare il fatto che, con la
privatizzazione della Cassa Depositi e Prestiti, siano state proprio le
fondazioni bancarie quelle chiamate a partecipare al capitale sociale
della nuova società per azioni. Le fondazioni bancarie sono spesso i
principali azionisti delle banche di riferimento, con le quali la Cassa
Depositi e Prestiti fino ad allora competeva, fornendo agli enti
pubblici risorse finanziarie a condizioni più convenienti. Sarà forse un
caso che da allora, attraverso una scelta di elevati tassi di interesse
sui mutui accesi, le condizioni di finanziamento privilegiato da sempre
rivolte agli enti pubblici siano progressivamente svanite, spalancando
le porte degli stessi all’indebitamento coi mercati finanziari?
4. Se più dell’80% delle entrate della CDP SpA deriva
dal risparmio dei lavoratori e dei cittadini, si pongono problemi
rilevanti di diritto all’informazione e di diritto alla partecipazione
alle scelte di destinazione degli investimenti. Se infatti per 150 anni
la destinazione al finanziamento degli investimenti degli enti locali
territoriali era scontata (e tacitamente condivisa dai cittadini
“prestatori”), con la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in
società per azioni nasce una questione ineludibile di democrazia
partecipativa: i lavoratori e i cittadini devono avere voce sulla
destinazione dei soldi prestati e partecipare all’indirizzo delle scelte
sugli investimenti da intraprendere , ad esempio ponendo vincoli di
destinazione a finalità sociali ed ambientali degli stessi.
5. Appare sempre più evidente come Cassa Depositi e
Prestiti SpA, pur continuando a raccogliere i fondi dal risparmio dei
cittadini e dalle necessità di investimento degli enti locali
territoriali, sia oggi un vero e proprio fondo sovrano, con un
intervento a largo raggio nell’economia e sui mercati finanziari di
tutto il mondo Quella stessa economia e finanza di mercato messa alle
corde dalla crisi sistemica in corso e dalla perdita di consenso fra le
persone, come i referendum sull’acqua e i beni comuni dello scorso
giugno hanno pienamente dimostrato. D’altronde , i temi della
riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni da una parte e di
una nuova finanza pubblica dall’altra sono fra loro strettamente
connessi: chiedendo la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato,
il movimento per l’acqua afferma le necessità di una nuova fiscalità
generale e di nuovi strumenti di finanza pubblica; allo stesso modo, la
rivendicazione di una nuova finanza pubblica rimanda immediatamente a
beni comuni da affermare come indisponibili al mercato e a servizi
pubblici di qualità da garantire a tutte e tutti. Sono tutte riflessioni
che hanno indotto Attac Italia e molti altri soggetti singoli e
associativi ad avviare lo studio di una campagna per la socializzazione
del sistema creditizio e per la riutilizzazione con finalità sociali e
ambientali dell’enorme quantità di soldi raccolta dalla Casa Depositi e
Prestiti e oggi destinata a ben altri scopi.
Riappropriarsi
collettivamente di questo denaro diviene la precondizione per poter
indirizzare e finanziare il cambiamento necessario, immaginare un’altra
uscita dalla crisi, rendere effettiva la ripubblicizzazione di beni
comuni come l’acqua, realizzando concretamente quanto deciso dalla
maggioranza assoluta del popolo italiano con la straordinaria vittoria
referendaria del giugno 2011. Tutti assieme è possibile.
Fonte
il Manifesto 19 febbraio 2012
Nessun commento:
Posta un commento