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martedì 29 maggio 2012

QUELLO CHE MULTISERVIZI S.P.A. NON DICE


Nel settembre 2011 la staffetta dell’acqua, circa 2 mesi fa il “bollettino” aziendale, in queste ultime settimane dei grandi manifesti affissi in tutte le città della Provincia di Ancona, trasmettono l’idea di una Società, la Multiservizi SpA, molto impegnata nella promozione di se stessa.

Multiservizi obietterà che questi manifesti sono finalizzati a stimolare il consumo consapevole dell’acqua.

Ma non è così! La parte riguardante il consumo consapevole è decisamente tutta da decifrare e per alcuni versi illeggibile;  le cose che emergono, che saltano agli occhi, che colpiscono sono altre, ovvero: Multiservizi, il disegno di un grande cuore seguito dalla frase “prendi a cuore l’acqua, confida in chi la porta nella tua casa”. Solo nel sottotitolo, a caratteri più piccoli, troviamo una frase che richiama il principio dell’uso consapevole dell’acqua e che cita: “Quella che esce dal rubinetto è un’acqua di qualità e una risorsa preziosa. Usala consapevolmente, è una scelta di civiltà e rispetto”.

In sostanza un messaggio auto promozionale.

Ora, a parte, la banalità e mediocrità del messaggio con il quale Multiservizi chiede fiducia perché ti porta l’acqua in casa, quasi che fino al 2004 (anno in cui il Servizio Idrico è stato affidato a Multiservizi) file di donne e uomini, con otri e taniche, fossero costretti a prendere l’acqua nei posti più disparati, tutta questa attività auto promozionale fa sorgere spontanea una domanda.

L’assemblea dei soci di Multiservizi SpA, ossia i Sindaci dei nostri Comuni, approvano spese pubblicitarie di questa natura, palesemente inutili e per certi versi dannose?
Che siano inutili, che siano soldi sprecati, è evidente, visto che la gestione del servizio idrico è priva di concorrenza e a carattere monopolistico, che siano spese anche dannose, per i cittadini, è altrettanto evidente, perché, poche o tante che siano, vengono ricaricate sulla bolletta.

In realtà dal vocabolario di Multiservizi SpA, è scomparsa, o meglio non è mai esistita, la parola trasparenza ed in nome di questa, visto che gestisce un bene pubblico, dovrebbe dire ai cittadini:

  •  che d’ora in poi i suoi bilanci saranno pubblici, accessibili a chiunque;
  •  quanto percepiscono il Presidente, i membri del Consiglio di Amministrazione ed il management; 
  •   che negli ultimi 5 anni (2012 compreso) le bollette sono aumentate di ca. il 50%;
  •  a che titolo e a quanto ammontano i corrispettivi ai Comuni e al Consorzio Gorgovivo;
  •  quant’è la quota di remunerazione del capitale, abrogata dal referendum, ma ancora contenuta in bolletta;
  • che una parte delle regole del gioco e delle scelte da operare sono dettate dalle Banche alle quali si è ricorso per i finanziamenti;

Molto probabilmente i cittadini sono più interessati a queste e, molto probabilmente, ad altre informazioni, piuttosto che ad una campagna pubblicitaria, tanto sterile quanto ingannevole.

I comitati territoriali per l'acqua bene comune continueranno a vigilare sui gestori e a ricordare alle istituzioni che il referendum ha sancito che l'acqua è un bene di tutti e che la sua gestione deve rimanere pubblica. Per questo motivo saremo in Piazza a Roma il 2 Giugno per dire che la Repubblica siamo noi e per ribadire che il popolo italiano con 27 milioni di voti ha detto due volte si per l'acqua.

Comitato Acqua Bene Comune
Coordinamento Provinciale

lunedì 28 maggio 2012

Riprendiamoci la Cassa Depositi e Prestiti

di Marco Bersani

L’analisi espressa, con usuale lucidità, da Guido Viale nel suo articolo "La Grecia siamo noi" (il manifesto del 17/2/2011), andrebbe a mio avviso integrata con una riflessione da aprire a tutto campo su come sia possibile finanziare i necessari cambiamenti che volenti perché collettivamente ci riprendiamo in mano il nostro destino – o nolenti – se continuiamo a credere alle favole del governo dei professori dovremo affrontare. A chi continua a ripetere come un mantra «i soldi non ci sono» occorre certo rispondere con l’argomentazione che una diversa finalizzazione della fiscalità generale – drastica riduzione delle spese militari in primis – renderebbe disponibili risorse oggi non utilizzabili. Ma allo stesso tempo occorre contestare l’assunto in quanto palesemente falso. Perché i soldi ci sono, sono tanti e più che sufficienti per invertire la rotta, chiudendo definitivamente con le politiche liberiste e iniziando a costruire un altro modello sociale, basato sui diritti collettivi, sulla riappropriazione sociale dei beni comuni, sulla riconversione ecologica e democratica dell’economia.

venerdì 25 maggio 2012

Obbediamo al popolo, disobbediamo alle lobby!

Sabato 26 maggio, ore 17, Piazza Roma
Domenica 27 maggio, ore 17, davanti alla Rotonda
Giovedì 31 maggio, ore 9.30, Piazza Roma
Domenica 3 giugno, ore 17, davanti alla Rotonda

La legge n. 36/1994, nota come“LeggeGalli”, che disciplina la gestione del Servizio Idrico Integrato, permette di potere scegliere quattro tipi di forme ovvero in house a capitale completamente pubblico, partnership pubblica privata, completamente privata o con aziende speciali. Nelle forme in cui sono presenti capitali privati questi, non possono superare il 40% del capitale totale. Grazie all'esito positivo del primo quesito referendario, il decreto Ronchi, che permetteva di superare questa soglia limite, è stato abrogato. Per legge ogni amministrazione locale può quindi scegliere, secondo la propria volontà politica uno dei modelli di gestione sopraindicati.
Il primo quesito da anche una chiara indicazione ovvero che il popolo italiano rifiuta il modello di gestione di un bene primario come l'acqua in termini privatistici, di profitto legate alle cieche leggi di mercato. Poteri forti legati ai maggiori partiti si ostinano a non riconoscerne i risultati e provano continuamente a elaborare e presentare nuove normative per consegnare definitivamente la gestione dell’acqua agli interessi dei privati, in particolare costruendo un nuovo sistema tariffario che continua a garantire i profitti ai gestori.
Benché la facoltà di sottrarre un bene primario come l'acqua dai profitti e trarre i finanziamenti necessari per lo sviluppo del sistema idrico dalla fiscalità generale sia semplicemente una questione legata alla volontà politica, con responsabilità sia territoriali sia nazionali, la remunerazione del capitale investito ovvero quella voce della bolletta che garantisce i profitti, abrogata con il referendum, va applicato e basta. Senza se e senza ma. L'ha deciso il popolo e la volontà popolare è legge a tutti gli effetti dal 19 luglio 2012. Non rispettarla costituisce un  grave precedente, mette seriamente a rischio l'esercizio della democrazia in questo travagliato Paese.

giovedì 17 maggio 2012

Azione Comunicativa a difesa dell' Acqua Pubblica

Continua a Senigallia la campagna di “obbedienza civile”. Sono ormai un paio di centinaia i reclami sottoscritti contro la mancata abrogazione della remunerazione del capitale investito.
L’obbiettivo di questa campagna è di obbedire al mandato del referendum popolare e di disobbedire alla privatizzazione, costringendo la Multiservizi S.p.a. ad adeguare le tariffe all’esito del voto popolare.

Oggi – giovedì 17 maggio - però si è dato un segnale in più. Infatti, durante il banchetto in Piazza Roma, alcuni attivisti hanno calato uno striscione di 10 metri da una finestra del palazzo comunale, con scritto: “IL MIO VOTO VA RISPETTATO – REFERENDUM ACQUA 2011.

Un’azione comunicativa fatta dentro la settimana di mobilitazione nazionale per l’acqua bene comune, e che mira a sottolineare l’atteggiamento sornione del Sindaco Mangialardi e della sua Amministrazione nel portare dentro la Multiservizi le istanze di tutti quei cittadini senigalliesi, che in massa lo scorso anno si sono espressi contro la privatizzazione dell’acqua e quindi per lo scioglimento della S.p.A.

Ad oggi l’Amministrazione Comunale - seconda maggiore azionista della Multiservizi S.p.A. - continua a far pagare della bolletta la remunerazione del capitale investito, nonostante che la normativa residua, sancita dal referendum dello scorso 12 e 13 giugno, sia immediatamente applicabile e non presenti elementi di contraddittorietà.

Anche oggi abbiamo assistito all’ennesimo atteggiamento ambiguo da parte di alcuni amministratori locali – vedi le parole di Monachesi - che nonostante il richiamo al rispetto del referendum, si ostinano a lasciare dichiarazioni di unione d’intenti senza passare ai fatti, come se non fossero loro a governare e cioè a prendere decisioni.

Questo dimostra che se sulla carta la Multiservizi S.p.A. - società in house - è gestita dalle amministrazioni che vi partecipano, nella realtà, invece, sono i manager e i consiglieri d’amministrazione a decidere, alla faccia o con la complicità dei politici che li hanno nominati.

Continueremo a fare sottoscrivere le lettere di reclamo per tutto il mese di maggio e giugno per poi consegnarle direttamente presso la Mutliservizi S.p.A., riservandoci in futuro nel caso non saremo ascoltati, di intraprendere altre azioni quali autoriduzioni o class action.



Comitato Acqua Bene Comune Senigallia

sabato 12 maggio 2012

Il Pd salva i maxi stipendi dei manager Hera

STORIE DI PRIVATIZZAZIONI/3

di Giovanni Stinco

Un doppio salvataggio, e per giunta in meno di una settimana. Protagonista il Comune di Bologna, che è riuscito a salvare per ben due volte i maxi stipendi dei super manager di Hera, il colosso a maggioranza pubblica che gestisce rifiuti, acqua, energia elettrica e gas a Bologna e in un po’ tutta l’Emilia.
Non si tratta di piccole cifre. Il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, nel 2011 si è portato a casa 350mila euro di compenso fisso, 117mila euro alla voce “bonus e altri incentivi”, 6mila euro di “benefici non monetari” e 2mila alla voce “altri compensi”. In totale 475mila euro. Maurizio Chiarini, amministratore delegato del gruppo, ha superato di 18mila il mezzo miliardo di euro. Ma la sua annata è stata un po’ gonfiata, ad esempio dai 37mila euro di ferie maturate e non godute come dirigente Hera dal primo gennaio 2011 al 3 maggio dello stesso anno, e dai 75mila euro di stipendio sempre riferiti ai primi quattro mesi dell’anno. Nel 2011 i 18 membri del consiglio di amministrazione Hera sono costati 2 milioni e 300mila euro.
A decidere sui compensi dei membri del cda è l’assemblea di azionisti, controllata col 61% dai vari comuni dell’Emilia-Romagna. Venerdì scorso il presidente del patto di sindacato che controlla Hera (e nomina il cda), il sindaco di Imola Daniele Manca, ha chiesto ai manager di ridursi lo stipendio. La risposta la riferisce il sindaco di Minerbio, Lorenzo Minganti: “Il presidente di Hera Tommasi ci ha risposto di non essere in debito con nessuno e che la sua retribuzione è assolutamente giusta e congrua”.
Al momento del voto molti sindaci del bolognese si sono astenuti, i fondi di investimento e altri singoli soci hanno votato contro. A salvare i due top manager ci ha pensato però il Comune di Bologna con la sua quota del 13,7%. Senza quel pacchetto di azioni le retribuzioni proposte per Tommasi e Chiarini sarebbero state bocciate col 51,7% dei voti. Il secondo salvataggio invece arriva direttamente in consiglio comunale, dove il pidiellino Michele Facci ha chiesto un voto per procedere verso la diminuzione dei compensi dei manager della partecipate dal Comune di Bologna. Hera compresa dunque. I 16 no della maggioranza a guida Pd hanno respinto l’ordine del giorno non ammettendolo ai lavori e dirottandolo in commissione. “Con questo voto – ha detto Facci – il Comune ha dato uno schiaffo a tutti coloro che stanno chiedendo alla politica di ridurre i costi. Dov’è finito il rispetto per la cittadinanza?”
Ad attaccare il Partito democratico anche l’Italia dei Valori (“siamo indignati”) e il Movimento 5 Stelle. Il consigliere regionale del M5s, Giovanni Favia, ha lanciato su facebook un invito a tutti i cittadini emiliani. “Chiedete via mail al vostro sindaco cosa ha votato all’assemblea degli azionisti di Hera, anche se ho il sospetto che il sindaco di Ravenna Matteucci, di Rimini Gnassi, di Forlì Balzani, di Cesena Lucchi e di Ferrara Tagliani, viste le percentuali delle votazioni, abbiano seguito la scia di quello di Bologna. Con che coraggio chiedono sacrifici ai cittadini? Si vergognino”.
Lapidario il commento di Andrea Caselli, dei Comitati bolognesi per l’acqua pubblica. “Non solo le istituzioni stanno disattendendo il referendum del giugno scorso che impone di ripubblicizzare l’acqua, ma stanno anche dimostrando di non riuscire nemmeno più a controllare i manager che loro stessi hanno nominato”.

Fonte Il Fatto Quotidiano 06/05/2012

giovedì 10 maggio 2012

Obbedienza Civile. I prossimi appuntamenti del Comitato

Prosegue nella nostra città la Campagna d'Obbedienza Civile per il rispetto del referendum.
Ci potrete incontrare per sottocrivere la lettera di reclamo alla Multiservizi S.P.A. nei seguenti posti:

Venerdi 11 Maggio h 21
Spazio Comune Arvultùra-Presentazione del Libro "Come una Lama"di Maria Vittoria Pichi
Sabato 12 maggio h17
Festa di Primavera-Associazione "Il Germoglio" -Piazza Del Duca
Giovedi 17 maggio h 9,30
Mercato cittadino-P.zza Roma

Vi ricordiamo che per sottoscrivere la lettera di reclamo è necessario essere gli intestatari della bolletta e riportare nell'apposito modulo il numero d'utenza. Se non avete con voi il numero d'utenza potrete firmare ugualmente: vi ricontatteremo in un secondo momento via mail o telefonicamente affinchè possiate fornircelo.

Comitato Acqua Bene Comune Senigallia

sabato 5 maggio 2012

La mia bolletta più cara nonostante il referendum


Ieri pomeriggio è iniziata la Campagna di obbedienza civile a Senigallia. Al momento sono più di 70 i reclami raccolti dai cittadini, purtroppo ancora del tutto ignari della mancata applicazione del secondo quesito referendario. Attraverso questo blog continueremo a tenervi aggiornati sullo stato dell'arte della raccolta dei reclami e cercheremo di darvi tutte le delucidazioni circa la mancata abrogazione della remunerazione del capitale investito (quasi il 20% della nostra bolletta) sia in Italia che nella nostra provincia. Di sotto riportiamo alcune delle"giustificazioni"con le quali molti gestori si arrampicano sugli specchi per legittimare il mancato rispetto della legge, che tutti i cittadini hanno voluto con il voto del 12 e 13 giugno scorso. Giustificazioni di cui non hanno avuto bisogno le città di Belluno e Pescara, le uniche ad avere fino ad ora rispettato la volontà popolare. Ricordiamo a tutti che il prossimo appuntamento per firmare il reclamo sarà domani, dalle 17 alle 19,30, in piazza Roma. Possibilmente muniti del numero di utenza della bolletta.


Domande e Risposte


Domanda. I gestori e le ATO sostengono che l'abrogazione della “remunerazione del capitale investito” non è immediatamente applicabile perché il referendum non ha formalmente intaccato il DM del 1/8/96 (metodo normalizzato); è quindi necessario un nuovo decreto ministeriale che disciplini le modalità di calcolo della tariffa; in attesa di questo nuovo decreto appare ragionevole continuare ad applicare le vecchie tariffe. Questa può essere una argomentazione valida?
 ndr  
Quest'argomentazione è stata utilizzata dal presidente del nostro Ato di riferimento durante l'incontro avvenuto nella Commissione Ambiente di Senigallia
Risposta. L'argomentazione è risibile, totalmente inconsistente dal punto di vista giuridico e addirittura pretestuosa. Anzitutto il DPR del 20 luglio 2011, ovvero la legge di pubblicazione dell’esito referendario, sancisce chiaramente che “l'abrogazione …...ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana” e che “è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”. In secondo luogo il decreto ministeriale che definisce il metodo normalizzato (DM 1/8/96) è un atto amministrativo che non ha forza di legge emesso dall’allora ministero dei lavori pubblici nell'ambito delle materie di sua competenza, nel rispetto delle leggi dell'epoca. E’ giuridicamente indiscutibile che, avendo il referendum abrogato la parte dell’articolo 154 del decreto legislativo 152 che prevedeva nella determinazione della tariffa la componente di costo della remunerazione del capitale investito, la parte del DM del 1/8/96 che si riferisce a questa componente è automaticamente abrogata senza bisogno di altri atti o decreti. Se così non fosse, ci troveremmo ad una assurda inversione nelle fonti del diritto (le leggi diventerebbero di rango inferiore rispetto agli atti amministrativi). Infine, la Corte Costituzionale, nel decidere sull'ammissibilità di un referendum abrogativo deve – fra le altre cose – valutare se la normativa residua (dopo l'eventuale vittoria del referendum) sia immediatamente applicabile. Nel caso in cui non lo fosse l'ammissibilità viene negata. Ebbene nel nostro caso con sentenza n. 26/2011 la Corte Costituzionale ha sancito che «La normativa residua è immediatamente applicabile» poiché «la nozione di tariffa come corrispettivo - è determinata in modo tale da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio chi inquina paga». 

Domanda. I gestori sostengono che la “remunerazione del capitale investito” non è profitto, ma solo copertura dei costi finanziari degli investimenti (interessi sui mutui contratti). In sostanza – essi concludono – dalla tariffa si potrà pure togliere la “remunerazione del capitale investito” ma il legislatore dovrà poi aggiungere la componente degli “oneri finanziari” e quindi assai poco cambierà per le tariffe a carico dei cittadini. Sono argomentazioni corrette?
Risposta. Le argomentazioni sono inconsistenti. Anzitutto la dizione “remunerazione del capitale investito” è da sempre, riconosciuta da tutta la teoria economica, profitto d’impresa. Che poi molti soggetti gestori abbiano utilizzato parte di questo profitto garantito per accedere al credito, ciò non fa venir meno la natura di profitto di questa voce, anzi evidenzia ancor più che il sistema attuale favorisce spudoratamente i gestori, in particolar modo quelli privati, che non corrono alcun rischio d’impresa: con il 7% di profitto garantito non hanno neanche bisogno di metterci capitale proprio, semplicemente si fanno prestare del capitale sul quale lucrano ulteriormente. Non è molto difficile fare gli “imprenditori” in questo modo! Inoltre, la stessa Corte Costituzionale ha già chiarito questo punto, quando con la propria sentenza 26/2011 di ammissione del secondo referendum ha sostenuto che mediante l’eliminazione del riferimento al criterio della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito», si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua.” […] persistendo la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”»”.
Sostenere che l’eliminazione della remunerazione del capitale investito porterebbe al blocco degli investimenti è quindi un’affermazione pretestuosa, volta soprattutto a effettuare pressioni per non rispettare l’esito referendario e continuare ad assicurare ai gestori lauti profitti.

Domanda. I gestori sostengono che applicando l'esito referendario e quindi diminuendo le tariffe, non ci sarebbe sufficiente disponibilità finanziaria per realizzare gli investimenti necessari?
Risposta. Basta dare un’occhiata ai bilanci di alcuni soggetti gestori per verificare la dimensione di utili realizzati in questi anni e le risorse a loro disposizione per fare gli investimenti, se solo ci fosse la volontà di farlo:
- Acea Ato 2 Lazio – utile d'esercizio anno 2010 pari a 59 milioni di euro;
- Acque spa Ato 2 Toscana – utile d'esercizio 2010 pari a 12,6 milioni di euro;
- Publiacqua – Ato 3 Toscana – utile d'esercizio anno 2010 pari a 14,7 milioni di euro (con remunerazione del capitale investito pari a 19,2 milioni di euro)
- Nuove Acque – Ato 4 Toscana – utile d'esercizio anno 2010 pari a 3 milioni di euro;
- Acquedotto del Fiora – Ato 6 Toscana – utile d'esercizio anno 2010 pari a 4 milioni di euro
- Umbra Acque – Ato 1 Umbria – utile d'esercizio anno 2009 pari a 2 milioni di euro;
- Asa – ato 5 Toscana – utile d'esercizio anno 2010 pari a 3,4 milioni di euro.
- Acquedotto Pugliese – Puglia – utile d'esercizio anno 2010 pari a 37 milioni di euro.
-Multiservizi S.P.A - Ato 2- non è dato saperlo.
Rispetto a situazioni di gestori che presentano bassa capitalizzazione e necessità di reperire risorse per effettuare gli investimenti (tipico il caso di varie SpA a totale capitale pubblico), la campagna di “obbedienza civile”, con l’eliminazione della remunerazione del capitale, ha anche l’utilità di far emergere le problematiche relative all'attuale modello e di costruire una spinta efficace per arrivare ad un nuovo sistema di finanziamento del servizio idrico, come il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua sostiene da diversi anni. Un nuovo sistema basato su una gestione completamente pubblica che possa quindi ricorrere anche all’intervento della finanza pubblica e della fiscalità generale. Un sistema che sia contemporaneamente più equo per i cittadini e realmente in grado di dare certezza dell’effettuazione degli investimenti, a differenza dell’attuale che, lascia ampia discrezionalità ai soggetti privati, producendo forti incrementi tariffari, aumento dei consumi di acqua e mancata realizzazione degli investimenti.

Fonte
http://www.riducilabolletta.org/content/domande-e-risposte

mercoledì 2 maggio 2012

Fai rispettare il referendum. Sottoscrivi il reclamo alla Multiservizi S.P.A.

Il Comitato Acqua Bene Comune di Senigallia aderisce alla campagna di Obbedienza Civile per il rispetto del voto referendario.
I referendum hanno sancito, con il secondo quesito, l'eliminazione della "remunerazione del capitale investito" che incide per una percentuale che oscilla dal 10% al 25% nelle nostre bollette a secondo del gestore. Visto che nessun gestore ha applicato il referendum, i cittadini scelgono oggi di applicarlo dal basso, ricalcolando le tariffe senza questa quota e pagando la giusta tariffa.
L’effetto della vittoria del Referendum sulla “remunerazione” è scritto molto chiaramente sulla sentenza di ammissibilità del Referendum della Corte Costituzionale (n.26/2011): “La normativa residua è immediatamente applicabile” e “non presenta elementi di contraddittorietà”. Quindi fin dal 20 luglio 2011, data di abrogazione degli articoli di legge oggetto del Referendum, AATO e gestori avrebbero dovuto applicare le nuove tariffe sulla base dell’esito referendario, cosa che non è successa.
La disattesa del risultato referendario rappresenta la negazione di un’evidenza legislativa sancita  dalla Corte Costituzionale, è un grave attacco alla democrazia e alla volontà della  maggioranza delle cittadine e dei cittadini che a milioni hanno sostenuto l’abolizione dei profitti  dall’acqua.  La campagna di obbedienza civile si propone di far  valere il dettato referendario attraverso  la mobilitazione diretta in tutto il territorio nazionale di comitati e cittadini. 
 “Il mio voto va rispettato” è la frase che identifica la Campagna di Obbedienza Civile, che parte dal basso. L’obiettivo è quello di obbedire al mandato del referendum popolare e di disobbedire alla privatizzazione. Un rovesciamento semantico che sta a indicare proprio la necessità di garantire l’applicazione dei quesiti referendari.
In Ancona e in altre città della provincia si stanno attivando i comitati territoriali per raccogliere i reclami dei cittadini con l’obiettivo di costringere la Multiservizi Spa ad adeguare le tariffe all’esito del voto popolare.
Venerdì 4 e domenica 6 Maggio il Comitato Acqua Bene Comune di Senigallia sarà presente in Piazza Roma dalle 17 alle 20 ed invita tutta la cittadinanza a passare per informarsi e sottoscrivere il reclamo.
 Comitato Acqua Bene Comune Senigallia